Cerca nel blog

mercoledì 15 settembre 2010

Quella fregatura chiamata AMORE

E’ ora di dirlo forte e chiaro. E’ ora di ammetterlo a noi stessi. E’ ora di farsene una ragione.
Ci hanno fregato. Ci stanno fregando da secoli. Di più, da millenni. E continuano a farlo.
Con una semplice parola, cinque tragiche lettere ed un concetto tanto vacuo ma anche tanto potente.
Amore.
Siamo condizionati da qualcosa che non esiste ma di cui cerchiamo l’esistenza nemmeno fossimo scienziati del CERN alla disperata ricerca del Bosone di Higgs e della maledetta antimateria.
E questo sarebbe nulla. Lo cerco, non lo trovo, me ne faccio una ragione e vado a pescare con mio cugino.
No. Macchè. Lo troviamo, eccome se lo troviamo. E poi lo perdiamo e siamo disperati. E riprende l’affannosa ricerca. Che non si può interrompere. Giammai.
Il campionario di frasi e concetti indistruttibili da cui siamo schiavizzati a nostra insaputa solitamente si apre con “come fai a vivere senza Amore?”. E prosegue con “l’Amore è tutto” o “Che cos’è una vita senza Amore?”. Volete che ve lo dica? Una vita senza Amore, senza quel tipo di Amore che ci hanno rifilato come buono ed invece era una mozzarella blu, è una vita semplicemente fantastica.
Ho un buon posto di lavoro, tutto sommato in famiglia sto bene, gli amici non mi mancano ma la mia vita va a rotoli perché manca l’Amore. Quell’Amore.  Il compagno o la compagna a cui donare il cuore. La persona da amare. Come se fosse la sola condizione davvero necessaria per condurre un’esistenza degna di questo nome. L’Amore ci provoca tormento interiore, ci condiziona in ogni istante, in ogni azione, in ogni pensiero. Il più bel tramonto del secolo non è niente senza Amore. Una bella vacanza o un concerto dal vivo o una passeggiata tra i sentieri di montagna. Un sorriso spontaneo, un gesto di cortesia, una soddisfazione al lavoro. Tutto perde significato perché manca l’Amore. Diventa meno bello. Come dire, l’Amore ci priva del piacere semplice ed istantaneo della Bellezza. Se ami non riamato o se sei amato ma non ricambi il sentimento, ecco che ti perdi la Bellezza. Te ne sfugge la grandezza, non ne sai più cogliere fino in fondo l’essenza. E tutto ciò in nome di un’illusione. Di un’ipotesi priva di fondamenta. Di un concetto talmente inutile e vago che persino uno scimpanzé lo giudicherebbe irritante ed agghiacciante.
Agghiacciante perché genera follia ed ossessione. Quante povere ragazze ammazzate dall’ex di turno “per Amore”?
Quanti giovani suicidi disperati “per Amore”?
Ma siamo pazzi?
Quanti pianti e quanta sofferenza “per Amore”?
Già lo sento il vostro stupore. Seguito a ruota dal disappunto.
Come si può pensare che l’Amore non sia ciò che ci dà la maggiore gioia e felicità pura?
Si può, semplicemente si può. Si deve. Perché se alziamo l’asticella del salto in alto a sette metri, ce la remota possibilità che un essere soprannaturale riesca saltarla. Ma state certi che tutti gli altri non ce la faranno. Inevitabilmente destinati all’insuccesso. E dunque alla delusione, alla tristezza, alla rabbia.
Non mi fraintendete. Amore come idea di rispetto del prossimo, come ideale di bellezza e di purezza deve esistere e deve essere il motore della vita.  Mi chiedo spesso se c’è più Amore nell’essere persone corrette e disponibili per gli altri o se ce n’è di più nell’inseguire ostinatamente la felicità attraverso un rapporto di coppia. Per poi far in modo che tutto, dico tutto (affetti, amore, lavoro) ruoti attorno ad esso.
Facendoci così perdere la peculiarità dell’essere umano che è proprio quella di essere baciato dalla fortuna.
Di essere padrone di un pianeta, di poterne godere ogni frutto, di avere pensiero, tecnologia, cibo.
Di potersi dedicare al piacere senza dover essere semplicemente condizionato dalla legge naturale (nascita, accoppiamento, morte).
Quanto piacere perdiamo in nome dell’Amore?
E non parlo di piacere fisico. Non parlo di accoppiarsi con chiunque e dovunque.
Parlo del piacere di stare al mondo. Parlo di non avere perennemente addosso la necessità di Amore.
Sì, certo, c’è chi è schiavo della tecnologia, del sesso, dei soldi, dell’abbronzatura tutto l’anno, del lavoro, della carriera, di mille altre cose. Ma siamo tutti, dico tutti, schiavi dell’Amore.
Ce ne riempiamo la bocca come affamati. Sin da giovanissimi, sin dalle prime frasi scritte sul diario del compagno di banco. Una dedica d’Amore o una poesia o una scena di un film ci fanno sussultare, ci travolgono, ci entusiasmano, ci fanno sognare. E basterebbe fermarsi a riflettere per capire la mostruosità di tutto questo. La follia di essere sottomessi da un’idea di qualche geniale truffatore che nella notte dei tempi ha ordito il progetto di fottere tutte le generazioni future e di farci precipitare nel buio della ragione.
C’è un Amore che ha senso e ragione di essere, ce n’è uno che è semplicemente una fregatura.
Sento il brusio delle vostre giovani menti, un brulicare di pensieri. Qualcuno sentirà l’esigenza di criticare queste mie parole, qualcun altro di darmi dei consigli o un suggerimento. Altri ancora mi consiglieranno caldamente di dedicarmi ad altro nella vita. Siate liberi di dire la vostra. La provocazione che vi lascio è questa: la maggioranza silenziosa la pensa come me ma quasi nessuno ha il coraggio di ammetterlo.

martedì 14 settembre 2010

Il Parassita: mi nutro di emozioni, le Vostre!

Nutrirmi di emozioni pare essere la sola forma di esistenza accettabile.
Navigo sulle chat e sbircio profili di sconosciuti e sconosciute.
Quasi tutti cercano emozioni, nessuno sa vivere senza emozioni, le emozioni rendono dolce il gusto amaro della vita.
Sembra una vecchia pubblicità.
Ma se, mettiamo per ipotesi, non si fosse in grado di produrre emozioni ma solo di cibarsi di quelle altrui?
Io faccio parte di questa categoria di individui. E mi chiedo quanti di voi ne fanno parte.
Scommetto che pensate pochi . Ma poi tantissimi ripensandoci.
Cerchiamo chi sa emozionarci ma ci poniamo la fatidica domanda: io so emozionare?
C’è poi un ultimo aspetto da considerare. C’è di si nutre di emozioni altrui ma solo fintanto che tali emozioni sono manifestate in chi le prova. C’è chi invece queste emozioni le ruba, le fa proprie.
E se le tiene.
Ecco, ci tenevo a puntualizzare questo concetto perché vi trovate al cospetto di un ladro di emozioni.
Un Arsenio Lupin del battito cardiaco incontrollato, della temperatura corporea in crescita, delle mani che sudano, del sospiro che scappa fuori o del gemito soffocato.
Le rubo e non le restituisco. Provate a prendermi se ne siete capaci. Non c’è un mercato nero delle emozioni né un Ufficio Emozioni Smarrite né un’Asta Giudiziaria in cui ricomprarsele. Se ve le rubano, sono perse. Le avrete voi ma le avrà anche il vostro abile ladro.
Come si ruba dunque un’emozione?
Il principio è semplice: chi non sa emozionarsi ha sviluppato una sensibilità spaventosa nell’identificare al primo sguardo l’Emozionato. Ci si apposta e si sta in attesa. Arriva prima o poi quell’istante in cui sai di poter entrare. Nel suo campo emotivo. La pazienza è la virtù dei porci, soleva dire il mio padre spirituale, Padre Bio perché credeva fortemente nell’agricoltura senza additivi chimici e nella Nuova Rivoluzione dello Zucchino.
Dunque una volta stabilito un contatto, è necessario assicurarsi di non avere pericolose intromissioni da parte dei Furfanti Cacciatori di Emozioni. A differenza di noi ladri, i cacciatori vogliono le emozioni solo per poterle esibire come trofei accanto alla testa di leone, al piede di porco ed alla coda di cavallo. Questi esseri disgustosi li riconosci perché hanno lo sguardo guizzante e vuoto. Non hanno un obiettivo unico, cacciano e basta. Prendono tutto ciò che trovano e non hanno alcun stile. Bisogna stare attenti perché spesso il lavoro di settimane di un parassita viene distrutto in un istante dalla Foga di Conquista del cacciatore.
Esclusi dunque questi individui abbietti ed infidi, ci si può dedicare alla propria Fonte Emotiva.
Di queste forme di vita ne esistono alcune specie ben identificate che val la pena riassumere.
L’Incontinente Cronico Ottimista: passa il tempo lamentandosi ma è il primo che ti fa gli auguri di compleanno e l’unico nell’intero sistema solare a ricordasi del tuo onomastico; è il meglio che può capitarti perché emette emozioni anche da spento. Non si cura di chi ha di fronte, può essere Gandhi o Bin laden, poco importa, chiederà informazioni sulla vita privata, sul lavoro, sul cane che avevi 20 anni fa mostrandosi addolorato, sinceramente addolorato, della sua perdita avvenuta quando eravate in terza media. Ti apre il cuore, ti apre il portafoglio, ti apre persino la scatola di tonno se glielo chiedi garbatamente. Rubare le sue emozioni è facile ma attenzione, si tratta a volte di emozioni talmente leggere ed inconsistenti che il rischio è trovarsi un pugno di mosche in mano ed il dubbio è che le mosche non siano poi così stupide come pensiamo.
L’Incontinente Cronico Pessimista: inesauribile sorgente di sentimenti, non ti chiede mai come stai e se te lo chiede, un istante dopo inizia a parlarti di come sta lui. Non gli importa assolutamente nulla della probabile estinzione dei pinguini ma è pronto a spiegarti nei minimi dettagli perché non è più accettabile che ci sia un buco nell’ozono, qualcuno chiuda quel buco per Diana! Anche in questo caso rubare le emozioni è abbastanza facile ma il rischio è di trovarsi con delle Emozioni Scadute Corrotte per cui del tutto inutilizzabili e spesso dannose.
L’Ermetico Con Valvola di Sfogo:  bellissimi esemplari umani fanno parte di questa categoria. Poiché tendono ad accumulare enormi quantità di emozioni represse e il compito di noi parassiti consiste nell’attendere il momento dell’esplosione. Spesso avviene in concomitanza con eventi tipo Cessazione di Rapporto Sentimentale, Turbamento Lavorativo Estremo, Bambino che Poppa il Latte, Tramonto Romantico al Mare, Euforia Post Orgasmica. Non è facile farli esplodere. Non si possono indurre ma bisogna aspettare che tutto avvenga nel modo più naturale e spontaneo. Le emozioni però sono di ottima fattura, belle solide, spesso riciclabili data la loro energia. Unica controindicazione: una volta deflagrate, tali persone spesso tendono a trasformarsi a loro volta in Cacciatori per cui spesso può essere necessario togliersi di mezzo alla velocità della luce.
Il Neutro Silenzioso Assente: questa categoria di persone è la più interessante. Non mostra di provare emozioni. Spesso silenziosa, ritirata, chiusa. In realtà estremamente ricca ma molto difficile da stanare. Una specie di Paguro che si nasconde perché sa che esistono i Parassiti ed i Cacciatori e teme per la propria incolumità.  Vanno seguiti per mesi, vanno aiutati a provare Fiducia, devono sentirsi liberi di manifestare sentimenti altrimenti è impossibile depredarli di alcunché. Serve dunque tempo, impegno, spesso una buona dose di facciadaparaculismo. Ambiti e ricercati anche dai Cacciatori che però si stancano molto prima e quindi non rappresentano un reale pericolo. Danno enormi soddisfazioni e possono davvero diventare una fonte inesauribile di emozioni.

lunedì 13 settembre 2010

Biografie impossibili

Vi siete mai chiesti da dove vengano alcune strane parole della lingua italiana?
Sì, certo, la maggior parte traggono origine dal latino e dal greco.
Altre sono derivazioni anglofone o francofone o sassofone.
Ma ce ne sono alcune che invece derivano da personaggi che la Storia, intesa come ciò che ci fanno studiare a scuola, ha completamente dimenticato.
La mia missione è riportare in vita questi valorosi uomini (ed anche diverse incredibili donne) e attribuire loro i giusti e meritati riconoscimenti per averci regalato aggettivi, avverbi, soggetti e complementi oggetti che altrimenti non avremmo mai potuto utilizzare e da cui non avremmo potuto trarre il godimento che ne traiamo. Inizierò con uno dei miei preferiti.

Entorio Vanquist
Poeta, pittore, monaco, Montecarlo.
Visse tra il 1350 e il 1420 nel nord della Svezia, precisamente vicino a Vigevano.
Di lui si sa poco perchè le sue opere vennero distrutte durante la grande bufera di scoiattoli che nel VII secolo A.C. distrusse città come Polpenzo, Tradassa e Vuttilar. 
Ci restano poche informazioni perlopiù racconti tramandati di padre in figlio, di figlio in nipote, di nipote in badante ed un paio di fotografie molto sfocate in cui posa assieme a Buffalo Bill all’inaugurazione del Centro Commerciale Zetabreve di Toronto.
Viaggiò molto ma fece bancarotta a causa di alcune fatture del Telepass non pagate. 
Si dedicò allora al commercio delle patate già sbucciate (un’idea rivoluzionaria per quel tempo) ma ben presto si rese conto che non voleva passare la vita a sbucciare tuberi.
Famoso perchè una volta ordinò 300 banperchi di patate (il banperco era l’unità di misura degli ortaggi in epoca medioevale;  un banperco corrisponde ad un chilogrammo odierno moltiplicato per Pi greco diviso raggio della circonferenza) ma le volle tutte senza nocciolo.
Il fruttivendolo chiese stupito: per chi sono?
E il garzone rispose: per Entorio!
Da cui l'aggettivo “perentorio” che noi oggi usiamo per definire qualcosa di categorico, preciso, inequivocabile.
Grazie Entorio, la Storia ti ha dimenticato ma Nonno Timoteo no.