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lunedì 22 novembre 2010

Pacchione Sangallo e il Pitone Mangiafuoco


Non si ha sempre voglia di uscire.
Così pensava Pacchione Sangallo mentre si infilava i mocassini color patè de foie gras.
Era stato invitato ad un Ricevimento Straordinario di Condominio in Abito Scuro e pensava che avrebbe avuto miglior fortuna che restare aggrappato a Nobili Propositi Casalinghi.
Però uscire era sempre uno stress.
Un po’ per le ortiche nelle scarpe un po’ per il Pitone Mangiafuoco.
L’anno prima era andato al cinema a vedere le Polpette Avvelenate dello Zio Sam.
Un filmone bellico sull’odissea dei Samurai di Nocera.
Il Pitone si era addormentato a forma di capro espiatorio e il pubblico non aveva gradito.
Né il film né il pitone.
Pacchione si era sentito umiliato specie quando una signora vestita di campanelli l’aveva guardato con disprezzo ed infinita saggezza tipicamente orientale.
Il contrasto seminava il panico nella testa di Pacchione ma ben più evidenti furono le conseguenze sul Pitone Mangiafuoco.
Prese la signora, senza nemmeno presentarsi, e la portò con sé.
La portò dentro di sé.
Ne fece una borsetta da spalla e due paia di guanti.
Uno per le occasioni importanti, uno per le situazioni confortanti.
Il marito non gradì.
Ma poi, fatti due ragionamenti di ornamento, restò piacevolmente colpito: i primi due guanti erano per lui.
Pitone fu incarcerato e sottoposto al Carcere Duro per Esseri Striscianti.
Non capendone la sostanza e fraintendendone la finalità correttiva autoironica, si lasciò morire di fame rifiutando a più riprese topi al papavero e panini al prosciutto.
La fine del Pitone fu un duro colpo per Pacchione.
Ogni volta che doveva uscire, pensava a quella tragica sera.
Alla signora, ai guanti, ai Samurai di Nocera.
Alla fine non usciva.
Fingeva.
Si vestiva e si specchiava.
Si pettinava e si metteva l’orologio di argilla con i secondi di diamanti a 24 carati.
Poi sospirava e si sedeva sul lato sinistro del divano dove normalmente poggiava la testa Pitone.
Piangendo e ridendo toglieva l’orologio, la cravatta, le stimmate e la spilla da balia.
Interrogandosi sulle segrete note di Sandalo del Vetiver e sui vasti diluvi del Panjamastan.
Va così quando non c’è la reale volontà di uscire.
Quando, se resti, sei preda del tuo tormento.
Se esci, sei preda del tuo stupore per l’involontaria comicità della situazione.
E ridere ti sembra un modo barbaro per ricordare un amico che non c’è più.
Un Pitone è pur sempre il migliore amico dell'uomo che divora.